La storia scientifica delle talassemie inizia nel 1925, quando i due pediatri statunitensi Thomas Cooley e Pearl Lee identificano il quadro morboso della malattia.
Essi notano in cinque loro piccoli pazienti anemia, ingrossamento della milza e fegato, presenza di leucociti e globuli anemici , soprattutto, altri vistosi elementi clinici come: l’allargamento delle ossa del cranio e della faccia, combinata con lo scolorimento della pelle» e alterazioni delle ossa lunghe.
Successivamente, sulla base di una più ampia casistica, Cooley arricchisce e precisa il quadro delle conoscenze, rilevando le origini mediterranee dei pazienti osservati (italiani e greci), la presenza in circolo di eritroblasti, precursori dei normali globuli rossi e normalmente confinati nel midollo osseo, da cui il nome dato in seguito, di anemia eritroblastica, e la familiarità della malattia .
Egli sottolinea soprattutto l’associazione tra tipiche alterazioni ossee e altrettanto particolari quadri ematologici, tale da indicare l’appartenenza dei casi «a un ben definito gruppo clinico».
Fu così che, nel 1932, si giunse dopo altri studi accurati a individuare il termine “TALASSEMIA”.
Furono, George Whipple, premio Nobel nel 1934 per le ricerche sulla fisiopatologia e la terapia dell’anemia perniciosa e William Bradford, entrambi alla Rochester University.a comprendere definitivamente e con certezza che si era in presenza di una malattia del sangue che traeva la propria localizzazione nei paesi affacciati sul mar Mediterraneo, per i greci antichi, “talassa”, il mare per antonomasia.
La talassemia è, più precisamente, le talassemie sono un gruppo di disturbi ereditari dovuti ad alterazioni nella sintesi dei componenti di una molecola chiamata emoglobina. L'emoglobina è una grossa proteina contenuta nei globuli rossi, la cui funzione è quella di catturare l'ossigeno dai polmoni e trasportarlo nei diversi tessuti. L'emoglobina raccoglie anche l'anidride carbonica prodotta nei tessuti e la trasporta ai polmoni, dove viene eliminata. La proteina dell'emoglobina è costituita a sua volta da quattro catene proteiche più piccole (sub-unità). Negli adulti ogni molecola di emoglobina contiene due subunità dette di tipo alfa e due subunità dette di tipo beta. Le beta talassemie sono un gruppo eterogeneo di malattie che hanno in comune la sintesi difettosa delle catene beta dell'emoglobina. A causa della produzione difettosa di catene beta, le catene alfa si uniscono e formano degli aggregati che danneggiano la membrana del globulo rosso. Ne deriva la distruzione precoce dei globuli rossi nel midollo e, in misura minore, la loro distruzione nella milza (emolisi).
Il gene che codifica per la beta globina è localizzato sul cromosoma 11. Si conoscono più di 200 alterazioni di questo gene che causano una beta talassemia. - Quando entrambe le copie (materna e paterna) del gene sono difettose (una condizione detta omozigosi), si può avere talassemia major (con un quadro clinico più grave) oppure talassemia intermedia (una forma più lieve di talassemia). - Le persone che possiedono una sola copia alterata del gene sono dette eterozigoti, e in genere non presentano alcun sintomo, o sintomi molto lievi. Queste persone sono in genere i portatori sani della malattia o microcitemici.
Oltre ai sintomi (astenia, pallore, inappetenza) il medico baserà la sua diagnosi su una serie di esami che comprendono la determinazione della quantità e del tipo di emoglobine presenti, e del numero e del volume di globuli rossi, che permettono tra l'altro di distinguere i malati di talassemia beta da quelli affetti da talassemia alfa. L’elettroforesi è una tecnica molto usata nei laboratori per l'analisi delle proteine. In questo caso viene usata per identificare i diversi tipi di emoglobine presenti nel sangue. Sì. La diagnosi prenatale è possibile.
La terapia classica per la talassemia major consiste in ripetute trasfusioni. Queste, però, provocano un'accumulo di ferro nel sangue che bisogna eliminare con una terapia a base di farmaci detti chelanti, che sequestrano ed eliminano il ferro, come la deferoxamina B, che viene somministrata tramite lunghe e ripetute infusioni (fino a 12 ore al giorno). Oggi esiste anche un chelante orale (deferipone) che sembra dare risultati promettenti. Per la talassemia intermedia, il trattamento è sintomatico. Le trasfusioni non sono necessarie. Utile è la somministrazione di acido folico. Un farmaco chiamato idrossiurea, sperimentato di recente, ha dato occasionalmente risultati positivi. L'idrossiurea ha effetti collaterali anche gravi, e solo uno specialista potrà decidere le modalità del trattamento. E' stato tentato l'uso di questo farmaco per curare anche la talassemia major, ma i risultati sono stati nulli. Il trapianto di midollo, attualmente, è l'unica cura che può portare alla guarigione definitiva per le persone affette da talassemia major. Il problema maggiore del trapianto di midollo è la necessità di identificare donatori compatibili, di solito fratelli/sorelle del paziente. Il trapianto di midollo da familiare HLA-compatibile, al momento attuale, se eseguito in soggetti senza complicanze da ottimi risultati; con una sopravvivenza libera da malattia variabile dall’80% al 95%. Risultati meno buoni si hanno nei trapianti da donatore non familiare HLA-compatibile. La ricerca di donatori non familiari compatibili è un processo lungo e complesso che si basa su una collaborazione internazionale tra banche di donatori.